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C’è stato un momento preciso della mia vita in cui avrei davvero preferito fare qualunque altra cosa piuttosto che parlare dei miei servizi. E non è una metafora drammatica: avrei letteralmente preferito andare nuda in piazza, come ho detto alla mia coach dell’epoca!
Era il 2015, avevo appena concluso un master in Social Media Management e stavo lanciando il mio primo servizio: una consulenza pensata per le piccole imprenditrici e professioniste che, come me, si sentivano perse nel cercare di comunicarsi online.
Avevo tutto pronto: il sito funzionava, la sales page era scritta, i prezzi decisi, il servizio ben studiato. Eppure, quando si trattava di condividerlo con il mondo — di dire “faccio questo, se ti serve, sono qui” — mi bloccavo. Era come se qualcosa dentro di me si chiudesse.
La paura di esporsi e il mito della “prontezza”
Da fuori potevo sembrare preparata, convinta, motivata, ma dentro ero piena di dubbi, paure e una vocina insistente che mi ripeteva “non sei ancora pronta”: avevo paura di sembrare invadente, di non essere credibile, di fallire miseramente. Ma se devo essere sincera, temevo anche il contrario: che andasse tutto bene, che le persone rispondessero, che si aprisse un flusso che non avrei saputo bene come gestire.
Così ho fatto quello che fanno molte: ho smesso di parlare di quello che avevo in vendita sperando che il sito e la sales page facessero il lavoro al posto mio. Pensavo — o meglio, speravo — che le persone mi trovassero da sole, che leggessero tutto quello che avevo scritto, e decidessero di acquistare. Senza che io dovessi dire nulla o, peggio, vendere.
Ma sotto quella scelta si nascondeva una grande verità: avevo paura di vendere, e non perché non credevo nel mio lavoro, ma perché non volevo dovermi snaturare per farlo.
La svolta: osservare me come acquirente
La vera svolta è arrivata in modo molto semplice: ho iniziato a osservare me stessa mentre compravo “cose” online ma soprattutto online. Mi sono chiesta cosa mi faceva sentire al sicuro, cosa mi dava fiducia, perché certe comunicazioni mi respingevano e altre invece mi coinvolgevano – e convincevano – profondamente.
Da lì, passo dopo passo, ho cominciato a riscrivere il mio modo di vendere: ho iniziato a usare parole che mi corrispondevano davvero, a raccontare i miei servizi con calma, con cura, con sincerità. Senza fretta. Senza l’ansia di “chiudere la vendita” o di forzare una risposta immediata da parte della cliente.
La vendita come atto di cura e di fiducia
Mi sono resa conto che la vendita non è una performance, non è una prova da superare, ma è una conversazione tra esseri umani. È uno scambio gentile che parte da un ascolto autentico, da una presenza vera, da una fiducia reciproca che si costruisce nel tempo.
E più vendevo con calma, più arrivavano le persone giuste. Quelle che erano pronte, che si sentivano comprese, che desideravano lavorare con me non per le promesse che facevo loro, ma per come si sentivano leggendo o ascoltando le mie parole.
Non ho imparato a forzare le vendite, ho imparato a creare connessioni, a creare uno spazio sicuro per chi era pronta a starci con me. E tutto questo ha cambiato il mio modo di lavorare, ma anche di sentirmi nel mio lavoro.
Successo quiet: vendere senza trasformarsi
Tutto questo percorso, oggi, è diventato anche un corso che ho chiamato Vendi in modo Quiet e l’ho pensato proprio per chi, come me allora, si sente bloccata, non pronta, impacciata nel parlare del proprio lavoro.
La vendita parte sempre da dentro. Da come ci parliamo, da quanto ci fidiamo, da quanto ci concediamo di essere semplicemente noi stesse, anche quando ci esponiamo.
Se ti sei mai sentita così — bloccata, impacciata, con il desiderio di condividere ma la paura che ti tiene ferma — sappi che non sei sbagliata. E non sei sola. C’è un modo più gentile, più sostenibile, più tuo di vendere.
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